Il marketing virale
Può essere definito come un’attività di marketing non convenzionale, coerentemente inserita nel piano di comunicazione dell’impresa, volta a innescare un processo di propagazione virale attorno una o più comunicazioni di natura commerciale.
Ha il compito di incoraggiare i consumatori a scambiarsi opinioni e informazioni riguardo a un particolare prodotto o servizio, nell’intento di generare attorno a esso un alto volume di conversazioni in breve tempo (buzz) e accrescerne così notorietà e reputazione.
Per convogliare l’attenzione dei consumatori verso un prodotto, un argomento o un contenuto mediale e facilitare la proliferazione delle conversazioni in merito, le imprese si avvalgono di campagne di comunicazione che sono appositamente concepite con i caratteri della viralità, ossia con contenuti d’intrattenimento e con forme d’interazione tali da favorire la spontanea diffusione del messaggio pubblicitario tra gruppi omogenei di consumatori.
Di norma, tali campagne prevedono il coinvolgimento dei nodi influenti della rete: un gruppo ristretto di individui ad alto potenziale relazionale (opinion leader, trend setter, influencer, blogger, brand ambassador) che viene incentivato dall’impresa a condividere la campagna con le proprie reti sociali, facendo leva sull’affinità dei contenuti del messaggio con una determinata sfera di interessi o di valori.
Vale la pena evidenziare, infine, che i termini viral marketing, buzz marketing e wom marketing vengono molto spesso utilizzati come sinonimi per indicare una forma di marketing non convenzionale intesa a innescare il passaparola attraverso la produzione e la distribuzione di contenuti originali e notiziabili; si potrebbe dire, in altri termini, che una campagna pubblicitaria diventa virale se e quando raggiunge il cosiddetto tipping point, ossia la massa critica di contatti oltre la quale il messaggio (idea-virus) si diffonde autonomamente tra i consumatori.